un giovedi di sole

L’importante era cominciare bene la giornata. Finalmente, dopo giorni di pioggia, era arrivata la bella stagione. La voglia di vestirsi leggero era troppo forte. Per quel giorno niente giacca e cravatta. Niente borsa di pelle, ma una più semplice sacca di tessuto impermeabile. Giusto per gli occhiali e le chiavi. Tutte le incombenze possibili era deciso a rimandarle al giorno dopo.Uscito di casa si scontrò subito con la dura realtà, che spesso fa a pugni con le belle intenzioni. Intanto un fiume di macchine in coda (ma non erano chiuse le scuole?), poi un gruppo di nordafricani in attesa (?) (ah, già. adesso quelli del lavoro nero si sono spostati e anche come orario, visto che nella vicina piazza Loreto li controllano), poi, lungo la strada verso l’ufficio, i barboni accampati sotto una pensilina di un lato inutilizzato della Stazione erano aumentati, da due a cinque. Infine, una gran folla di gente che partiva, per chissà dove. Insomma lui abitava nella solita, caotica, Milano. Una maledizione difficile da scrollarsi di dosso e soprattutto che ti segue ovunque….

Piccolo esempio di come mi piacerebbe scrivere, se solo ne avessi tempo, per raccontare una città vista da chi gira a piedi con la solita fretta della vita quotidiana, ma che ogni tanto si sofferma a guardare per vedere. “Occhi che non vedono” diceva LeCorbu..osservare la città da vicino per costruirne una migliore.Le storie sarebbero tante. Anche in cantiere. Forse, se si facesse uno sceneggiato televisivo ambientato in cantiere anziché in ospedale o in tribunale, anche i muratori clandestini diventerebbero delle star….

un giovedi di soleultima modifica: 2008-06-19T08:00:00+02:00da
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